Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione quinta) Ha pronunciato la presente ordinanza sul ricorso numero di registro generale 2019 del 2016, proposto da: Comune di Fano, in persona del dirigente delegato agli affari legali ex art. 32, comma 27, dello statuto comunale, rappresentato e difeso dagli avvocati Maria Alessandra Sandulli, Antonio D'Atena e Federico Romoli, con domicilio eletto presso la prima, in Roma, corso Vittorio Emanuele II n. 349; Contro Regione Marche, in persona del presidente pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Michele Romano, Paolo Costanzi e Maria Grazia Moretti, con domicilio eletto presso il primo, in Roma, via Morichini n. 41; Nei confronti di: Comune di Mondolfo, in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Diego Vaiano e Alberto Clini, con domicilio eletto presso il primo, in Roma, Lungotevere Marzio n. 3; Vitali Gabriele, in proprio e quale legale rappresentante del comitato Pro Marotta unita, rappresentato e difeso dagli avvocati Maurizio Miranda e Francesco Galanti, con domicilio eletto presso l'avvocato Elisa Neri, in Roma, via dei Gracchi n. 130; Comitato Civico Fano Unita, in persona del presidente e legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Edoardo Mensitieri, con domicilio eletto presso l'avvocato Giovanni Bonaccio, in Roma, piazzale Clodio n. 56; Comitato cittadino mondolfese, Associazione citta' futura Marotta-Mondolfo, Attraverso Marotta-Associazione per la progettazione del territorio, Consorzio concessionari arenili demaniali Marotta, Gruppo Turistico Marotta, Associazione Malarupta, non costituiti in giudizio; Per la riforma della sentenza del T.A.R. Marche, Sezione I, n. 660/2015, resa tra le parti, concernente distacco della frazione di Marotta dal Comune di Fano e la sua conseguente incorporazione nel Comune di Mondolfo; Visti il ricorso in appello e i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Marche, del Comune di Mondolfo, di Gabriele Vitali e del Comitato Civico Fano Unita; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 luglio 2016 il consigliere Fabio Franconiero e uditi per le parti gli avvocati Sandulli, D'Atena, Romano, Miranda, Izzo, per delega di Vaiano, e Bonaccio per delega di Mensitieri; 1. Il Comune di Fano ha impugnato gli atti del procedimento referendario regionale che ha poi condotto al distacco dal proprio territorio della frazione di Marotta e l'incorporazione della stessa nel confinante Comune di Mondolfo. In particolare, la deliberazione 15 gennaio 2013, n. 61, di indizione del referendum consultivo sulla relativa proposta di legge regionale n. 77/2011 [Distacco della frazione di Marotta dal Comune di Fano e incorporazione nel Comune di Mondolfo. Mutamento delle rispettive circoscrizioni comunali]; la proposta di legge regionale; la deliberazione 22 ottobre 2013, n. 87, sostitutiva della precedente; del decreto 14 novembre 3013, n. 188, di fissazione della data di effettuazione del referendum. Il distacco e' stato definito dalla legge della Regione Marche 23 giugno 2014, n. 15 (Distacco della frazione di Marotta dal Comune di Fano e incorporazione nel Comune di Mondolfo. Mutamento delle rispettive circoscrizioni comunali). Questa legge regionale e' stata approvata e promulgata all'esito del procedimento ex art. 133, secondo comma, della Costituzione («La Regione, sentite le popolazioni interessate, puo' con sue leggi istituire nel proprio territorio nuovi comuni e modificare le loro circoscrizioni e denominazioni»), nell'ambito del quale il 9 marzo 2014 si e' tenuto il referendum consultivo tra le ritenute «popolazioni interessate» previsto da quest'ultima disposizione. Gli aventi diritto al voto erano infine stati individuati nei residenti di Marotta di Fano e in quelli di alcuni territori limitrofi dei Comuni di Fano e di Mondolfo. A favore del distacco si e' espresso il 67,3% di quei complessivi votanti, variamente articolati a seconda dei territori coinvolti. 2. Il Comune di Fano censura le modalita' con cui nell'indire la consultazione popolare la Regione Marche ha individuato detto ambito degli elettori chiamati ad esprimersi sulla proposta di mutamento delle circoscrizioni dei due comuni interessati. A quest'ultimo riguardo, la Regione aveva dapprima - con la deliberazione 15 gennaio 2013, n. 61, di indizione del referendum consultivo - delimitato le popolazioni interessate ai soli residenti della frazione di Marotta di Fano, tra i quali vi erano i promotori dell'iniziativa di legge n. 77 del 2011 sulla cui base la procedura per il distacco era stata originata (delibera del consiglio regionale n. 61 del 15 gennaio 2013). Quindi, in seguito alla sospensiva ai fini del riesame emessa dal Tribunale amministrativo regionale delle Marche adito dal Comune di Fano contro gli atti di indizione del referendum consultivo (ordinanza 19 aprile 2013, n. 160, la quale, pur condividendo che per «popolazioni interessate» non si debbono necessariamente intendere tutti i residenti del Comune, aveva affermato che il concetto va definito di volta in volta e in relazione alla particolare situazione socio-economica della zona e che emergeva un difetto di istruttoria e di motivazione nel circoscrivere il referendum ai soli residenti in Marotta di Fano, anziche' estenderlo ad altri residenti nel Comune di Fano «quali, ad esempio, quelli residenti nelle frazioni limitrofe» e che il timore del mancato raggiungimento del quorum strutturale non poteva legittimare l'opposta soluzione di restringere eccessivamente il corpo elettorale), il consiglio regionale, previa revoca dell'originaria delibera indittiva, aveva rinnovato l'indizione estendendo la consultazione alle popolazioni delle frazioni limitrofe dei due comuni interessati dal distacco (delibera consiliare n. 87 del 22 ottobre 2013). 3. Con la sentenza impugnata n. 660 del 18 settembre 2015, il giudice di primo grado adito respingeva il ricorso e motivi aggiunti del Comune di Fano - questi ultimi proposti contro la seconda delibera consiliare di indizione del referendum consultivo (nei cui confronti aveva in precedenza negato la sospensiva, con ordinanza n. 6 del 10 gennaio 2014) - giudicando anche manifestamente infondate tutte le censure di illegittimita' costituzionale dedotte dall'amministrazione ricorrente in ordine alla legge regionale dichiarativa del distacco, n. 15 del 2014, e alla legge regionale regolatrice dei referendum consultivi previsti dallo statuto della Regione Marche, 5 aprile 1980, n. 18 (Norme sui referendum previsti dallo statuto). 4. Con l'appello, censurando la sentenza il Comune di Fano ha riproposto i motivi di ricorso e le questioni di incostituzionalita' gia' respinte in primo grado, incentrati sull'assenza nel caso di specie, tanto nelle due leggi regionali quanto nelle delibere del consiglio regionale impugnate, di criteri obiettivi legittimanti la deroga alla regola generale discendente dal piu' volte citato art. 133, secondo comma, della Costituzione, secondo cui il referendum consultivo per il distacco di un Comune dall'altro deve essere esteso a tutti i residenti nei due enti locali interessati dal mutamento delle rispettive circoscrizioni territoriali. Hanno resistito all'appello la Regione Marche, il Comune di Mondolfo ed il sig. Gabriele Vitali, in proprio e in qualita' di rappresentante legale del Comitato pro Marotta unita. Vi aderisce invece il Comitato civico Fano unita. Questa Sezione del Consiglio di Stato, con sentenza parziale contestuale alla presente ordinanza, ha accolto l'appello, rilevando anche d'ufficio le questioni di legittimita' costituzionale che qui si propongono in sede propria. In particolare: nella decisione di accoglimento dell'appello del Comune di Fano la Sezione ha ritenuto illegittima la citata delibera di indizione del referendum consultivo, perche' la Regione Marche ha chiamato a partecipare al referendum previsto dalla citata disposizione della Costituzione non tutte le popolazioni residenti nei due comuni interessati dalla proposta di modifica circoscrizionale, ma solo quella di Marotta di Fano e delle frazioni limitrofe nei due comuni; in particolare, la Sezione ha ritenuto manifestamente infondate le censure di illegittimita' costituzionale sollevate dall'amministrazione comunale appellante con riguardo: a) alla legge regionale delle Marche 5 aprile 1980, n. 18 (Norme sui referendum previsti dallo statuto), nella parte in cui prevede che i referendum consultivi devono tenersi presso «le popolazioni interessate» (art. 20, comma 2), per violazione del citato art. 133, secondo comma, della Costituzione; b) alla legge regionale dichiarativa del distacco della frazione di Marotta dal Comune di Fano al Comune di Mondolfo (legge regionale 23 giugno 2014, n. 15, sopra citata), in via derivata rispetto all'illegittimita' della legge n. 18 del 1980; c) in via autonoma, alla medesima legge dichiarativa del distacco, perche' asseritamente emanata con l'intento di interferire con la funzione giurisdizionale; in estrema sintesi, la Sezione ha infatti osservato che: I) in base alla giurisprudenza costituzionale formatasi sull'art. 133, comma 2, della Carta fondamentale non possono essere escluse dalla consultazione referendaria le popolazioni direttamente interessate al mutamento circoscrizionale, ne' possono essere escluse a priori quelle che essendo comunque residenti nei comuni interessati dalla proposta di mutamento, sebbene non direttamente coinvolte, in linea di principio vantano comunque un interesse ad esprimersi su di essa, mentre le stesse possono essere escluse solo in casi «particolari ed eccezionali» (Corte costituzionale, sentenza 15 settembre 1995, n. 433); I.1) dalla medesima giurisprudenza si evince che spetta alla legge regionale la definizione dei criteri in base ai quali escludere di volta in volta le popolazioni non direttamente interessate dalla partecipazione al referendum consultivo, ma che, tuttavia, in assenza di criteri, la definizione di tali popolazioni puo' legittimamente essere demandata alla sede amministrativa (al momento dell'indizione del referendum consultivo), cosicche' la scelta in concreto compiuta puo' essere eventualmente censurata davanti al giudice amministrativo; I.2) la legge regionale n. 18 del 1980 censurata dal Comune di Fano reca all'art. 20 una formula («sentite le popolazioni interessate») riproduttiva del dettato costituzionale, e cioe' dell'art. 133, secondo comma, della Costituzione, e dunque non in contrasto con quest'ultimo; 2) conseguentemente, la legge regionale del 2014 dichiarativa del distacco della frazione di Marotta dal Comune di Fano non e' illegittima in via derivata dalla legge regolatrice del referendum per violazione del medesimo parametro; 3) inoltre, trattandosi del doveroso atto conclusivo del procedimento prefigurato dal piu' volte ricordato art. 133, secondo comma, la legge regionale n. 15 del 2014 non puo' nemmeno essere ritenuta adottata in violazione del divieto del legislatore di interferire nell'attivita' giurisdizionale; nondimeno, malgrado la dichiarazione di manifesta infondatezza delle questioni di illegittimita' costituzionale sollevate dal Comune di Fano, questa Sezione ha ritenuto che nel caso di specie difettassero in concreto quelle condizioni «particolari ed eccezionali» che giustificano la deroga al principio generale, discendente dall'art. 133, secondo comma, della Costituzione e ripetutamente affermato dalla giurisprudenza costituzionale, secondo cui in linea di principio tutte le popolazioni residenti nei comuni interessati dalla proposta di mutamento circoscrizionale devono partecipare al referendum consultivo; conseguentemente, la Sezione ha annullato la cita delibera del consiglio regionale delle Marche di indizione del referendum consultivo sulla proposta di distacco della frazione di Marotta dal Comune di Fano (delibera n. 87 del 22 ottobre 2013); tuttavia, la Sezione, richiamando una giurisprudenza della Corte costituzionale reso in un caso affine a quello oggetto del presente giudizio (sentenze 11 giugno 1999, n. 225 e 226), ha rilevato di non potere emettere analoga statuizione demolitoria nei confronti della piu' volte menzionata legge regionale n. 15 del 2014 dichiarativa del distacco, a causa del relativo valore e della relativa forza; in ragione di cio', questa Sezione rileva che una simile pronuncia nei confronti dell'atto legislativo conclusivo del procedimento ex art. 133, secondo comma, della Costituzione, puo' essere emessa solo dalla Corte costituzionale; quindi, la questione di legittimita' costituzionale della legge regionale delle Marche del 23 giugno 2014, n. 15, nel suo complesso, non appare manifestamente infondata per violazione del piu' volte ricordato parametro costituzionale dell'art. 133, secondo comma, della Costituzione, ed in particolare perche' direttamente contrastante con esso, senza l'intermediazione di una legge regionale enunciativa dei criteri di deroga alla partecipazione totalitaria delle popolazioni interessate a sua volta illegittima, come invece ritenuto dal Comune di Fano; la questione sotto i profili ora evidenziati e' anche rilevante nel presente giudizio, dal momento che, pur annullati con la sentenza parziale resa da questa Sezione gli atti della fase amministrativa del procedimento ex art. 133, secondo comma, della Costituzione, permane tuttora l'atto conclusivo di legge, e quindi l'effetto dichiarativo da esso discendente, ovvero il distacco della frazione di Marotta avversato in questo giudizio dal Comune di Fano: il che, trattandosi di norma primaria, e' di ostacolo alla pronuncia costitutiva di annullamento degli atti del referendum consultivo, e comunque della satisfativita' della pronuncia stessa (considerato anche che la detta legge regionale non menziona espressamente il previo procedimento referendario e dunque non si presta ad un'automatica rilevazione di inefficacia una volta dichiarato illegittimo quel procedimento); con la detta contestuale sentenza, la Sezione ha svolto a questi riguardi le considerazioni testuali che qui si riportano e si richiamano: [...] La statuizione di annullamento di questa delibera deve comunque essere posta in relazione con la sopravvenuta legge regionale n. 15 del 2014, dichiarativa del distacco della frazione di Marotta dal Comune di Fano. Si tratta di legge regionale, storicamente promulgata all'esito del referendum consultivo indetto con la medesima delibera, a conclusione della fattispecie prevista dal piu' volte citato art. 133, secondo comma, della Costituzione. Nondimeno, detto legge regionale non fa riferimento, vuoi nelle premesse, vuoi nell'articolato, all'esito della detta consultazione popolare. Il collegamento e' desumibile soltanto attraverso i lavori preparatori. Vero e' che la volonta' della legge regionale e' degli organi legislativi regionali e che il referendum consultivo ne e' solo un presupposto atto a valutare la volonta' espressa nel referendum da tali popolazioni direttamente interessate (Corte costituzionale, n. 47 del 2003). Ma resta patente che se questa legge regionale non fosse collegata al previo esperimento di una regolare e legittima consultazione referendaria delle «popolazioni interessate» e non prendesse in considerazione l'esito di una corretta consultazione (cioe' compiuta legittimamente, senza esclusioni ingiustificate di parte di queste popolazioni), per questo semplice fatto la legge regionale medesima sarebbe in contrasto con lo schema procedimentale dell'art. 133, secondo comma, della Costituzione: e per la sua caratterizzazione di legge-provvedimento sarebbe una legge irragionevole per difetto della possibilita' di una congrua valutazione della previa volonta' di quelle che davvero risultano le popolazioni interessate; e priva dell'indispensabile presupposto procedimentale. Si tratta infatti, di una legge-provvedimento (cosi' Corte costituzionale, n. 47 del 2003) (come assume qui l'appellante Comune di Fano), comunque di una legge sui generis. In ogni caso, ragione dell'appena ricordata speciale previsione costituzionale, di una legge in inscindibile legame di presupposizione con una legittima consultazione referendaria. Ma mentre la valutazione della legittimita' degli atti di indizione del procedimento referendario, vista la natura amministrativa e non legislativa, compete al giudice amministrativo (come qui dedotto in giudizio), non altrettanto e' per la legge regionale conseguente, la cui legittimita' puo' essere giudicata soltanto dalla Corte costituzionale. Sicche', rispetto agli atti del referendum consultivo, un'analoga pronuncia di annullamento anche di questa legge regionale non e' consentita a questo giudice, a causa del valore e forza di legge dell'atto. Al tempo stesso, la circostanza della non menzione, nel corpo della legge regionale stessa, del previo procedimento referendario e del suo esito, da un lato sembrano poter escludere l'automatica caducazione della legge regionale stessa all'esito del presente giudizio di annullamento del procedimento referendario (il che rileva in punto di effettivita' della tutela giurisdizionale qui richiesta e da accordare, per non limitarne gli effetti anche alla luce dell'art. 113, primo e secondo comma, della Costituzione); dall'altro possono apparire di ostacolo, qui immediatamente rilevante, alla stessa pronuncia di annullamento giurisdizionale perche' in contrasto con un atto che - per quanto si presti ad essere ascritto a questa speciale categoria di leggi - riveste comunque valore formale di legge (regionale) e percio' vincola il giudice al suo rispetto e qui si presenta di irragionevole ostacolo a una pronuncia realmente e pienamente satisfativa del comune ricorrente. E' patente dunque sotto entrambi i profili la non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale, in rapporto agli articoli 3, 113 , primo e secondo comma, e 133 della Costituzione; il non aver la legge regionale menzionato il previa procedimento referendario concretamente e compiutamente seguito nella concatenazione stabilita dalla Costituzione, rende la legge stessa irragionevolmente autonoma e lesiva della sequenza inderogabilmente stabilita dall'art. 133 della Costituzione (che postulerebbe invece l'espressa integrazione formale della legge regionale con gli atti presupposti) e, seppur apparentemente, la rende indenne dall'annullamento giurisdizionale che qui si dispone. Cio' che, per quanto non sollevato dal Comune di Fano, si solleva d'ufficio. Vale del resto ricordare che in una fattispecie di legge-provvedimento che presenta, per quanto qui rileva, somiglianze con quella oggetto del presente giudizio si registra una giurisprudenza costituzionale, citata dalle parti appellate, che accolse il conflitto di attribuzioni di una regione contro la pronuncia di annullamento emessa da un tribunale amministrativo regionale nei confronti dell'atto iniziale della fase legislativa di un unitario procedimento di approvazione di uno strumento urbanistico sovracomunale, dopo la prodromica fase amministrativa (Corte costituzionale, 11 giugno 1999, n. 225 e n. 226, che ha accolto il conflitto di attribuzioni nella parte relativa all'annullamento in sede giurisdizionale amministrativa dell'atto con cui una giunta regionale aveva disposta la trasmissione del piano territoriale di coordinamento da essa approvato al consiglio regionale per la successiva approvazione di competenza di quest'ultimo organo con legge regionale). Pertanto, il percorso obbligato per l'integrale ed esaustivo annullamento degli atti del procedimento di distacco della frazione di Marotta dal Comune di Fano consiste nel rimettere alla Corte costituzionale la questione di legittimita', per contrasto con gli articoli e 3, 113, primo e secondo comma, e 133, secondo comma, della Costituzione della legge regionale delle Marche n. 15 del 2014.